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la giustizia al contrario


NESSUNA GIUSTIZIA PER ANIMALI E PERSONE
 sputa, malmena e insulta una cittadina, trascina il suo cane al guinzaglio dietro la bicicletta, denunciato non viene nemmeno rinviato a giudizio. 


Sempre più numerosi fatti di cronaca ci parlano di una escalation di violenza soprattutto verso donne, bambini e animali. Ormai il male è così diffuso che molti s'interrogano sulle cause, ma non ci sarebbe molto da indagare, vista la dilagante impunità garantita da assurde archiviazioni emesse da taluni organi giudiziari.  A tal proposito, raccontiamo l'increscioso fatto accaduto ad una nostra volontaria che ha vanamente denunciato l'aggressione subita da uno sconosciuto, il quale in sella alla sua bicicletta, trainava un piccolo cane, facendolo correre a zig zag tra le auto in transito in una via molto trafficata del centro cittadino di S.Benedetto del Tronto(Ap)
In tale frangente, la donna (che riusciva ad evitare per poco un incidente) faceva presente allo sconosciuto che quella condotta era vietata dal codice della strada ed anche dal Regolamento comunale per il benessere animale vigente nel comune di S.Benedetto del Tronto, tanto più che le funzioni di vigilanza su quest'ultimo, sono riconosciute anche ai volontari della nostra associazione, richiamando il combinato disposto dei primi due commi dell'art. 19 della L.R. Marche 10/1997 (Norme di animali d'affezione e prevenzione randagismo). 
Tuttavia, l'uomo, invece di riconoscere il torto e magari chiedere scusa, reagiva come un teppista da stadio, e in preda alla collera iniziava a proferire insulti sessisti e gratuiti contro l'attonita cittadina, dando seguito ad una escalation di reazioni violente, fino a colpirla con una pioggia di sputi. E vogliamo ricordare che lo sputo è un gesto profondamente oltraggioso e vomitevole ancor di più quando rivolto contro una donna. E chi, avendo ricevuto sputi in faccia, non cercherebbe d' identificare l'aggressore per denunciarlo, anche utilizzando, all'uopo una macchina fotografica? Proprio quello che ha fatto la nostra volontaria, rimediando, però, ulteriori insulti dall'energumeno il quale le afferrava un braccio storcendoglielo con tutta la forza,  tanto da  procurarle una contusione (certificata dal Pronto soccorso). Grazie alle foto scattate l'aggressore veniva denunciato e identificato, ma ....



...la denuncia, prendeva la strada della Procura della Repubblica di Ascoli Piceno dove  le molteplici violazioni di legge commesse dal denunciato:condurre un animale dietro un mezzo di locomozione in movimento (art. 182 CDS) e, ancor più, sottoporlo a fatiche insopportabili per la sua natura art.544 ter- legge189/2004, le ingiurie violente e le lesioni certificate verso la donna, non sono bastate alla formulazione di nessun capo d' imputazione e rinvio a giudizio da parte del P.M. Michele Renzo (oggi Procuratore Capo all'Aquila) che richiedeva l'archiviazione della denuncia con le seguenti motivazioni (si riportano fedelmente da atto in nostro possesso ):
 "…sulla base di questo racconto, deve ritenersi che la condotta del (omissis) sia scriminata dalla legittima difesa, avendo l'omissis agito al fine di far desistere la denunciante da un'attività che costituiva lesione del suo diritto di riservatezza… ne deriva che la condotta della denunciante era illecita e costitutiva un pericolo attuale d'ingiusta aggressione dell' omissis , la reazione di quest'ultimo era dunque legittima, essendo caratterizzata da tutti i requisiti prescritti dalla legge penale….
Dunque, a giudicare da quanto scritto dal Pubblico Ministero di Ascoli Piceno Michele Renzo, “alzare le mani” contro una persona che ti sta fotografando, sarebbe legittima difesa, e con tutti i requisiti previsti dalla legge penale, mentre la macchina fotografica diviene “strumento atto ad offendere” molto più degli sputi, delle ingiurie e dell'aggressione fisica subita dalla denunciante (che altro non aveva per identificare il suo aggressore che una macchina fotografica). E ancor più, si sorvola su tutte le condotte in violazione di legge attuate dal denunciato, tanto più documentate da foto e video: - codice della strada “condurre un animale al guinzaglio dietro un velocipede” e sull'art. 544 ter c.p. laddove s' individua come reato la condotta di chiunque sottopone a fatiche un animale, in considerazione delle sue caratteristiche etologiche (trainare un barboncino dietro una bicicletta in movimento, razza non predisposta a questo genere di fatiche come riconosciuta dalla FCI) Tutti beni giuridici ritenuti dal magistrato di gran lunga inferiori rispetto ad uno scatto fotografico, seppur fatto in una pubblica via, e questo sì, davvero, per legittima difesa.  Ed è bene, inoltre, citare una sentenza della Cassazione: i filmati di comportamenti non comunicativi, effettuati in luogo pubblico a cura di soggetti diversi dalla polizia giudiziaria, non necessitano di alcuna autorizzazione e sono acquisibili nel dibattimento quali documenti, a norma dell'art. 234 c.p.p., senza previa discussione sulle modalità della prova; (Cass., sez. VI, n. 37367, negli stessi termini, sez. V, 46307/04 e, sez. III, 46156/16). In tale contesto, come dimenticare tutte quelle riprese effettuate da cittadini e passanti che sono state spesso risolutive per identificare e perseguire gli autori di molti episodi di violenza urbana e cronaca nera più o meno gravi. E i tanti appelli fatti dagli stessi giudici affinché "chi è presente ad un fatto violento e criminoso produca video e foto alla polizia per identificare gli autori".  Dunque c'è qualcosa di profondamente inaccettabile e illogico nel legittimare l'aggressione fisica per uno scatto fotografico. Per non parlare del messaggio diseducativo che proviene da siffatte motivazioni, allorché con un simile precedente, d'ora in poi, chiunque potrà andarsene bellamente in giro a sputare e aggredire qualcuno, e guai se nei paraggi ci sarà una telecamera a riprendere l'aggressore (eppure, la video sorveglianza è ormai presente in ogni luogo pubblico e serve proprio per scoraggiare episodi di violenza).Tutto ciò in una società dove tutti fotografano tutti, anche con gli smartphone.  E dal momento che la vittima  diviene colpevole (anche di aver denunciato) mentre il colpevole viene promosso a vittima, in uno scambio di ruoli degno di una commedia Kafkiana,  la parola giustizia si svuota  di ogni significato.

Contro la richiesta di archiviazione del P.M. la cittadina aveva presentato opposizione al Giudice di Pace di Ascoli Piceno, Francesca Volpi; quest'ultima avrebbe potuto rivalutare i fatti e chiedere la riapertura delle indagini o/e formulare un capo d'imputazione a carico del denunciato, invece, ha respinto il ricorso, accogliendo in toto le motivazioni del P.M. La nostra volontaria, ha praticamente ricevuto doppi sputi: dall'aggressore e dai magistrati che hanno archiviato la sua denuncia, lasciando impunito il reo.

Le sconcertanti motivazioni dell'archiviazione sono state segnalate dalla nostra volontaria con un esposto al CSM, al Presidente del Tribunale, alla Corte d'Appello e al Ministero della Giustizia ma non c'è stata la benché minima risposta. A ciò si aggiunge il silenzio della stampa locale che si è ben guardata dal pubblicare un comunicato stampa sull'accaduto (una giornalista di un noto giornale locale aveva promesso un articolo che poi non ha mai pubblicato)
In conclusione, a fronte  di una  giustizia al contrario, come può il cittadino civile sentirsi tutelato e credere ancora in uno stato democratico e di diritto?

Con molta amarezza non si può che far propria la frase del giornalista Frank Cimini che ebbe a dire:

  "Beato chi ha sete di giustizia perché sarà giustiziato"




a cura di Arca 2000 diritti dell'animale malato





 

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